LI FUCILAMMO

«I tedeschi si erano già accomodati. Avevano messo una pentola sul fuoco, avevano preso delle galline, le avevano uccise ed attendevano che l’acqua bollisse per affogarle onde spennarle. Tra gli anfratti, a circa cinquanta metri dalla casetta, resomi conto di come stavano le cose, feci cenno alla nostra guida di tenersi da parte, mentre feci cenno ai russi di avanzare cauti a semicerchio. Io ero al centro. Ci accostammo strisciando a terra per non essere visti. A circa dieci metri, balzai in avanti gridando l’alt, al che fecero seguito immediato i russi. I tedeschi, sorpresi ,alzarono le mani. Solo uno tentò di reagire, ma un russo, con il calcio del mitra, un altro po’ gli faceva saltare il mento. Furono disarmati; poi ,attraverso una gola, li conducemmo sotto la montagna e là li fucilammo.

Siccome in quel punto alcuni carbonai stavano facendo del carbone a legna, li gettammo dentro quella fornace (naturalmente i carbonai, intanto che nella fornace maturava il carbone, tagliavano il bosco altrove, sicché non videro e non seppero nulla). Per ogni precauzione, sapendo che a Palestrina – cioè nel territorio di Palestrina – la situazione si era andata rendendo pesante e poteva esplodere da un momento all’altro contro la popolazione stessa, e poiché quel punto era proprio a due passi da Palestrina, volli fare qualcosa in più: feci, ovvero facemmo, scomparire anche ogni traccia di sangue. Ciò fu provvidenziale, perché la mattina dopo, quella zona fu setacciata palmo a palmo. Si pensi a cosa sarebbe accaduto se non avessimo fatto sparire tutto, se quindi avessero solo avuto sentore di quel che era successo».

Bersini – testimonianza diretta –

IL TRINCERONE

«Un altro fatto venne ad accrescere l’angoscia della intera popolazione, negli ultimi tempi. Alcuni grandi ufficiali tedeschi erano andati a fare delle osservazioni e prendere delle misure sulle alture del monte di Rocca di Cave. In quest’occasione, un gran segnale, con tinta bianca e nera assai visibile, fu piantato sul campanile di S. Carlo, forse come punto di riferimento. Vero o no, quel che si disse, il fatto certo fu che, di lì a poco, due avvenimenti si verificarono presso di noi. Molti soldati tedeschi, aiutati dai nostri cittadini, erano impiegati a fare un grande trincerone. Partendo da Cave, Collerano e sulle falde della montagna di Rocca di Cave, sarebbe arrivato fino a Velletri! Il lavoro infatti, fu cominciato in più punti. Col fare un gran fosso e mettere a sud di esso, copiosi e intricati intrecciamenti di fil di ferro spinato.

L’altro avvenimento fu che si cominciarono a fare, poco sopra S. Maria del Monte, sulla montagna di Rocca di Cave, con una macchina perforatrice, il cui stridore si sentiva a molta distanza, varie buche sulle pietra. Avrebbero dovuto – si diceva – contenere cannoni di grossissimo calibro per la grande resistenza che i tedeschi avrebbero fatto proprio qui a Cave, dopo lasciato Cassino e Nettuno.

L’impressione, la paura, le trepidazioni per questa probabile resistenza Tedesca a Cave – che avrebbe causato il tanto temuto rastrellamento di tutta la popolazione e distrutto quanto di fabbricati, alberi, vigneti, stabilimenti, chiese erano a Cave e sul suo territorio – fu semplicemente enorme. Tanto piu che i soliti bene informati davano già per sicura la cosa, coi più svariati particolari. Il trincerone era solo a pochi passi da Cave, cominciando esso dall’oliveto dell’ingegnere Antonino Clementi, a Collerano o Pratarone, per proseguire su Santo Stefano Vecchio, Speciano, Morino, Valli, Colle Casalecchio, e poi per colle Cruci, Cipolletta, Valle Copella, Valmontone e Velletri.

E difatti, il lavoro già stava un bel pezzo avanti, quando fu bruscamente sospeso. Sia ringraziato Dio! Sospeso, forse perché si avvicinava la cacciata dei tedeschi? Non sappiamo. Il fatto ha visto da allora le cose  precipitare davvero. Alcuni tedeschi avevano detto in confidenza ad alcuni loro inservienti di qui, che, ormai, era questione di ore per la fine, perché le cose sul fronte di Nettuno peggioravano per essi, di giorno in giorno».

RASTRELLAMENTO GENERALE..

La paura poi del così detto rastrellamento, ossia di dover sloggiare tutti da Cave e suo territorio per andare chi sa dove, in luoghi lontani, in concentramenti, come era avvenuto, in realtà, in tanti altri paesi….. fu l’incubo continuato di tutti, uomini, donne, ragazzi, dotti, ignoranti; anche di coloro che, avendo avuto la possibilità, si erano portati altrove, non solo a Roma, ma anche nei paesi vicini, perché reputati più sicuri dal passaggio della guerra, come Rocca di Cave, Capranica ecc. dove il più piccolo bugigattolo, senza luce, senza cucina, senza latrina, veniva pagato fino a 100O lire al mese! Oh, la paura quanti sacrifici e privazioni insegna a patire! Il pensiero del rastrellamento fu il pensiero piu’ truce di ogni altro, fino all’ultimo momento, quando giunsero gli Anglo-Americani. Perché? Perché, si diceva e si ripetevano tutti, se ce ne andiamo da Cave, chi vi ritornerà?

Anche circa il modo come si sarebbe fatto questo rastrellamento correvano le voci più disparate e sconfortanti. Si diceva, per esempio che gli adulti sarebbero mandati in un luogo, mentre i giovani sarebbero mandati in un altro; in un altro i bambini, in un altro le donne, dividendo i figli dai genitori, i fratelli dalle sorelle ecc ecc…

Il 26 marzo 1944, non lo dimenticheremo mai, ecco una donna (saranno state le ore 14) venire alla nostra casetta e dirci tuta affannata, e con voce tremante, che in contrada S. Lorenzo, vicino a noi, in linea aerea, quanto un tiro di fucile, si era incominciato il rastrellamento generale.. che prendevano tutti gli uomini, anche vecchi… ci voltavamo al viale per vedere se venissero i Tedeschi, in preda al più grande smarrimento, come chi aspetta la morte da un momento all’altro … Coraggio, Mari, diciamo alla nostra sorella, più morta che viva, coraggio! Dio sta da per tutto.., se ci rivedremo, bene; so no, ci rivedremo in paradiso; coraggio! Coraggio! Ma la nostra voce era soffocata dal pianto, contenuto a stento, vivendo quegli istanti come li vive chi sta in attesa della morte sicura…
Ma, intanto, passa quasi un quarto d’ora · · , ne passano due · · , ne passano tre …, quasi un’ora che si attende, e i Tedeschi non si vedono. La speranza rinasce… Debole da principio, più forte poi, sino a che sopravviene la certezza che i Tedeschi non vengano più, almeno per quella sera. Non vennero più, davvero, per nostra fortune. Che era avvenuto? Un fatto tanto semplice. Si doveva fare un lavoro urgentissimo, in serata, lungo la via Cave-Palestrina, e i Tedeschi avevano presi quanti uomini avevano trovati per prima, giovani e vecchi, come erano loro capitati, e li avevano portati al lavoro.. lavoro di un’ora, non più, tanto che la sera stessa i catturati potettero ritornare alle loro famiglie…

LA BABELE DELLA RESISTENZA

… Il 2 giugno giunge al battaglione l’ordine di partire il giorno dopo. Il caricamento dei mezzi organici e la sistemazione delle munizioni richiedono l’intera giornata.
Il 3 giugno, dalle 8, il battaglione salì sui camion del treno e, alle 10, la colonna si muove verso nord, verso Roma…. Poche distrazioni, poiché la fuga dei tedeschi è stata rapida dopo la rottura della linea Hitler… una sosta di mezz’ora ci consente di sgranchirci le gambe e fare uno spuntino. Dopo aver tagliato la ferrovia Roma-Napoli, la colonna sbuca sulla strada nazionale n.° 6 (Via Casilina) e punta su Roma in direzione di Valmontone, dove il 3° Spahis, si è appena riunito ai blindati americani.
Il 3° battaglione riceve il compito di impossessarsi di Palestrina e Castel San Pietro dopo aver risollevato gli americani impigliati da due giorni nella pianura ai piedi di questi due paesi importanti che dominano la valle di colture e vigneti dove passano dritte le strade di Roma e Tivoli.
Tivoli… Palestrina… nomi che evocano in noi ricordi letterari e artistici; ma non è quello il momento di gustare da dilettante le gioie dello spirito.
Verso le 18 il battaglione si raduna, materiali in spalla, avviandosi progressivamente in piccole colonne, come un filo di Arianna, una linea di forza, dirigendosi da est di Valmontone a Palestrina… Notte magnifica e stellata, noi proseguiamo sempre verso Palestrina. L’aviazione nemica sempre in attività sulle nostre teste.
A partire dalle 5.30 alcune pattuglie .. sondano i confini a su di Palestrina e di Castel San Pietro. Il tedesco sembrava aver liberato (abbandonato) il luogo. I due grandi paesi, vere cittadine, posti l’uno sull’altro sino a confondersi, risplendono nel loro colore ocra e rosa delle facciate. In alto, a 680 metri d’altitudine, un vecchio castello feudale, smantellato, innalza il suo maschio ancora intatto. Alcune mine cadono ad ovest nelle vicinanze di Palestrina.
Per la prima volta dall’inizio della campagna si presentano al P.C. del battaglione alcuni “partigiani” italiani con il bracciale tricolore verde, bianco e rosso. Essi offrono i loro servizi, propongono di guidare “le colonne d’assalto” nel cuore dei loro paesi, ma aggiungono che il tedesco ha appena sloggiato nel corso della notte, a parte alcuni gruppi barricati nelle case ai confini ovest di Palestrina.
Un francese della Tunisia è tra di loro. Deportato in Italia dalla falange africana, durante l’inverno del 1943, è riuscito ad evadere e si è dato alla macchia con i resistenti italiani. Egli segnala che più a est, in alta montagna, un maquis (partigiano) russo batte la campagna, in attesa dell’arrivo dei liberatori… è la Babele della resistenza europea, che ci si presenta all’improvviso.
… viene dato l’ordine all’11° e al 9° di spingersi immediatamente e con massima celerità nei due paesi, con il compito di ridurre rapidamente i gruppi sporadici di resistenza che si potrebbero ancora trovare.
L’11° Cie occupa, alle 9, tutta Palestrina, dopo aver travolto un gruppo nemico che era riuscito a scappare.
Il 9° Cie si porta, attraverso l’est di Palestrina, a Castel San Pietro che occupa, alle 10:00, senza reazione da parte del nemico, ma dopo una marcia spossante (un dislivello di 600 mt), sotto il sole, tra ghiaie e rocce bruciate. La sezione dell’aspirante ufficiale ZENIN pianta i tre colori sul vecchio maschio segnato dalle armi dei Colonna, assistenti al soglio pontificio.
Senza indugio, gli uomini sono invitati, autorità comunali in testa, a liberare la strada a tornanti che mette in comunicazione i due paesi, per consentire ai nostri veicoli di salire. Gli effetti dell’aviazione americana appaiono in tutta la loro potenza distruttiva: immobili di 4 piani sono stati completamente rasi al suolo. L’itinerario è a mala pena ristabilito verso le 12, il P.C. del battaglione si stabilisce al Comune di Castel San Pietro. Nelle strade la popolazione accoglie calorosamente i gloriosi liberatori. Il sindaco è invitato a pregare le donne di non distribuire copiosamente vino ai giovani africani; quanto alle “ragazze” troppo stuzzicanti vestite in ghingheri faranno bene a non prodigare troppi sorrisi che potrebbero essere male interpretati. La strada torna calma e il battaglione può insediarsi secondo tutte le regole della stretta disciplina..

DIFENDERE LA RITIRATA..

Antifascista convinto, Nazzareno Ercoli, non aveva mai amato il popolo tedesco sin dalla prima guerra mondiale che aveva combattuto in
trincea in nord Italia. Rimasto paralitico a causa di una malattia, aveva dovuto stabilirsi con moglie e figli a casa di alcuni parenti in località “la Sonnina” a Genazzano. Nel ′44, dopo il cedimento del fronte di cassino, a Genazzano in località “Colle Comare”, non lontano da “La Sonnina”, due soli soldati tedeschi erano stati lasciati per difendere la ritirata delle truppe tedesche e non permettevano alle truppe delle forze alleate di passare attraverso quel fronte. Furono proprio questi due soldati che, ubriachi e allo stremo delle forze, irruppero, la mattina del 4 giugno in casa di nazareno pretendendo il bestiame. Nazareno, seduto sulla mangiatoia della stalla, aveva con sé una pistola dei tempi della grande guerra e quando vide uno dei due soldati entrare e puntargli contro la mitraglietta estrasse la pistola e lo uccise, il secondo soldato, nascosto dietro la porta, sparò contro il paralitico ferendolo a morte. All’udire degli spari accorsero tutti i parenti che erano in casa e, armati di forcine, asce, bastoni e coltelli, colpirono a morte anche il secondo soldato tedesco. I corpi furono seppelliti in un bosco nelle vicinanze. La morte dei due soldati permise alle truppe degli alleati di passare da quel fronte e poter proseguire con la Liberazione di tutta la zona.

NOTTE INFERNALE

“La notte scorsa e’ stata infernale. Si e’avuto lancio di lampiocini luminosi su tutta la zona e poi continuo bombardamento aereo terrestre. Una bomba di aereo e’caduta sotto al piazzale del convento tra la prima e la seconda via crucis atterrando con lo spostamento di aria e distruggendo meta della pergola. Ma se la notte e’stata infernale, molto piu cupa e terribile e’stata la giornata del 1 giugno. Fin dalle prime ore gli aerei che sorvolano Palestrina hanno sganciato in piu punti vari spezzoni e mitragliato quasi avvisando la popolazione per cio che stava per accadere.. Difatto tutti hanno cercato salvezza in qualche ricovero e cio e’stato p[iu fatale per il disastro, aggravato ancora da un ordine diramato ieri sera in cui si faceva obbligo alla popolazione che era in campagna di rientrare. Questo ordine e’stato causato dall’uccisione di di acluni tedeschi avvenuta a Colel Francolino da parte delle bande di “patrioti”che approfittando dello sbandamento tedesco, casua la ritirata, hanno preso le armi. Circa le ore 9 e’avvenuta la distruzione quasi totale di Palestrina… fortezze volanti americane sgancaivano tonnellate di bombe di grosso calibro sulal citta. I migiliroi edifici rimanevano rasi al suolo. NOI cercammo riparo in una grotta, la lo scuotimento ci faceva traballare le fondamenta sotto i piedi. L’impressione avuta pero visitando gli edifici colpiti ci ha resi piu paurosi e preoccupati. La chiesa della ss Annunziata col capanile e case vicine scomparsa del tutto… I morti sono incalcolabili. Le povere Monache Farnesiane (15 in tutto) hanno perduto la vita nel ricovero del Palazzo Veccia inseime ad altre 20 persone. IN una grotta situata nella parte piu alta di Palestrina vi rimanevano schiacciate dai massi circa 60 persone. Familgie intere distrutte e dobbiamo dire che erano le piu affezzionate al nostro convento e che fino al giorno avanti vi avevano trovato asilo sicuro insieme con altre centinaia di persone che ancora fidano nella protezione di S. Francesco…”

IL DEPOSITO

«Alle ore 9 del mattino, per tre volte a breve distanza, si sono intesi i soliti scoppi. Gli anglo-americani hanno molto interesse ad ispezionare di continuo questi luoghi perché, come si sente dire, i tedeschi hanno posto da queste parti il deposito di munizioni. Dopo pranzo, verso le 14:30, si è inteso un forte crepitar di mitraglia accompagnato da forti detonazioni e da colpi di antiaerea. Questa volta si sono visti 5 aereoplani nemici che scorazzavano furiosamente nella pianura – tra Palestrina e Valmontone – lanciando bombe e mitragliando. Sono stati una decina di minuti a volteggiare sugli obiettivi, indi sono scomparsi. Ad un certo punto si è visto sospeso in aria, sopra i monti di Artena, un involucro nero che si e’abbassato gradatamente, fino a terra: si è creduto fosse qualcuno gettadosi con paracadute».

LA CACCIA

“.. Nulla di nuovo. I 40 giovani condotti dai tedeschi a Cassino sono ancora giu. Ne fuggono alcuni. Anche oggi caccia ai giovani. Circa le ore 11:30 passando per piazza Regina Margherita ho visto uno spettacolo impressionante. Una ventina di ragazzi trai 18 e 17 anni su un’autocarro presi dai soldati tedeschi e da loro guardati. Sono spauriti. Tornano la sera essendo fuggiti da Valmontone ove avevano scaricato munizioni..”

GIORNATA CRUCIALE

“Giornata cruciale. La mattina alle ore 8 circa numerosi aerei gettano una venita di bombe su Palestrina mitragliando violentemente. Vengono colipite case sotto la chiesa dell’Annunziata e un ala della chiesa, la casa Bernardini di fronte San Antonio, facendo crollare quella casa, le case sottostanti compreso Oratorio del Carmine e quelle vicine prospicenti via del Tempio. Sono andata con la mia famiglia e con quella di mio fratello, luisa e luigi, nell’orto di zia Anita ove con altre numerose persone abbiamo passata la giornata. Continui allarmi e continui passaggi di aerei inglesi ed americani. Altre bombe sono cadute presso porta S. Cesareo e dei Cappuccini.. altre bombe hanno colpito Palazzo Lulli, dove erano gli uffici adibiti a ospedale tedesco. Parecchhi morti…e danni ingenti. Trai morti ci sono anche molti tedeschi. Nel pomeriggio alle ore 16 cono apparsi 12 quadrimotori americani (fortezze volanti) che mitrglianod violentissimamente hanno gettato numerose bombe dirette nei tre edifici adibiti ad ospedali. Sono stati colpiti l’edificio scolastico, ospedale principale militare, l’altra parte di palazzo Lulli, demolendo completamente la casa degli zii in via Perantonio Petrini e case vicine. Tutte crollate e lesionate. Anche in questa seconda incursione numerose bombe che sono cadute sulla passeggiata della Vittoria.. il mattino successivo anche noi partiamo e andiamo al poderedi valenza di Zio Pippo dove troviamo numerose persone. le casette e le capanne della contrada rigurgitano di sfollati..

LAVORARE?

Dopo 8 Settembre anche Palestrina ebbe il suo presidio tedesco a Via Anicia presso Palazzo Sbardella. Luigi Puliti ricorda ” oggi 25 Settembre, ultimo giorno per la presentazione dei giovani per il servizio obbligatorio del lavoro. Lavorare? Si, a noi giovani piace lavorare. Ma con chi? Per chi? questo e’quelloc he vogliamo sapere. Non siamo nati per servire ciecamente e tanto meno lo straniero. Servire la Patria. e’vero. e’un dovere, un sacrosanto dovere che ognuno sente in se. Ma, ora, in questo moento , no e’piu dovere rispondere alla chiamata alle armi o comnuque al servizio al lavoro. La nostra Patria é a terra, esausta, vinta. IL nostro esercito disgregato. Le nostre regioni devastate ed occupate, saccheggiate e date alle fiamme, bombardate. lanostar coscienza non ha potuto sentire questo colpo troppo forte e ne e’rimasta scossa, anzi umiliata. L’italia e’ al collasso militare, economico, politico, sociale. Essa e’ora in mano degli stranieri che la opprimono e deturpano e noi non siamo obbligati a servirli; anzi dobbiamo detestarli, come loro ci detestano, odiarli come loro ci odiano, ucciderli se tentano di ucciderci.. ll barbaro tedesco sta facenco anche nella nostra Palestrina delle angherie insopportabili che disgustano il buon senso e l’onore della povera gente oppressa, ma onesta. Ogni sera dei soldati bussano in parecchie case ed i proprietari sono costretti a riceverli, ad ospitarli ad offrir loro da mangiare.. Noi prenestini ed italiani non possiamo non risentirci a quest’onta che ci coglie in viso… “