SPOSTARSI, SPOSTARSI SEMPRE

Bersini ricorda:

« La mia attività di partigiano ebbe inizio ai primi di ottobre del 1943. Odiavo i tedeschi per i soprusi e le razzie che facevano un po’ ovunque e per i rastrellamenti che già a settembre erano iniziati nella nostra zona. Inizialmente, fui un isolato. Venni a sapere che alcuni russi, già fuggiti da un campo di concentramento di Monterotondo, erano stati inviati a Zagarolo dal C. L. R. che aveva rapporti con loro. Il C. L. N. Prenestino disse ad esponenti del comitato di Zagarolo di prendere contatto con me. A me non parve vero! Era un’occasione insperata di costituire una banda che potesse finalmente attuare quelle azioni di guerriglia sabotaggi e di incursioni varie che soltanto una formazione di un certo numero di uomini, animati da fede e da coraggio, può mettere in atto. Non erano armati come si deve ma per azioni di sorpresa le armi erano sufficienti. Subito si sparse la notizia che con me c’erano dei russi. Siamo rimasti alle Tende per qualche tempo, quando però, specialmente dopo il primo bombardamento di Palestrina( 22 gennaio 1944) le campagne si popolarono di famiglie sfollate dalla cittadina, iniziammo a spostarci: adottai cioè ancora il metodo che avevo già sperimentato quando ero solo: spostarsi spesso per non cadere in agguati. Poi ci siamo portati a mezza costa sulla montagna… »

RESISTENZA E MORTE

Il 9 marzo i sovietici, dopo tanti trasferimenti e attacchi, sono accampati a Colle Ruzzano. All’alba del 9, alcuni contadini della zona di Castruccio salgono per avvertire che in una capanna ci sono alcuni moschetti che possono essere prelevati. Si decide di inviare in missione Wassilij Skorokjodov e Nicolaj Demiacenko. Alle 11 del mattino i due non erano ancora tornati. Si sentono improvvisamente crepitare raffiche di mitra. Subito sei o sette partigiani, tra cui: Boris, Pietro Iglikhin, Mikail Kasskiev, Anatolij Kurepin e Dante Bertini si accingono a raggiungere la località da dove provengono gli spari. Passando per una località detta Fontana Ona, una zona tra Gallicano e Poli, trovano Wassilij riverso a terra, trivellato di colpi, già morto. Di Nicolaj neppure una traccia. Cercano e lo trovano tra i cespugli, ferito gravemente a una gamba da una raffica di mitra. Un gruppo numeroso di tedeschi li aveva attaccati di sorpresa. Si affrettano per caricarsi Nicolaj sulle spalle, in ordine sparso risalgono verso la base di Colle Ruzzano, ma è già troppo tardi. Ecco sbucare da ogni parte i nazisti. Si accende una furiosa battaglia. Nicolaj è colpito di nuovo e muore. Anche Anatolij che chiude il gruppo è ucciso dai tedeschi. Il resto dei partigiani, dopo duro combattimento, riesce a sganciarsi. Molti sono i corpi dei tedeschi uccisi, ma oramai i tre partigiani sovietici morti si sono dovuti lasciare in mano al nemico. Per 3 giorni i nazisti rifiutano di dare la sepoltura a quei poveri corpi straziati. Poi finalmente, si riesce a strappare il consenso. Così presso Fontana Ona tre fosse vengono scavate e tre povere bare fatte di tavole messe insieme dagli stessi contadini vi vengono calate. Esse raccolgono i giovani corpi dei tre eroici soldati venuti a morire tra la nostra gente. Dopo la Liberazione le spoglie dei tre partigiani sovietici furono riesumate e tumulate nel cimitero di Palestrina dove loro sacrificio è ricordato da una lapide.

ESECUZIONE

Furono denunciati alla polizia fascista ed ai tedeschi molti politici appartenenti al Gruppo Preneste e al Gruppo Comunista. Il segretario del fascio, di lì a qualche giorno, perché ritenuto responsabile delle denunce, veniva ucciso da Dante Bersini e da due russi. Lo raggiunsero in tre a Castel San Pietro verso le 10 di sera, scesero attraverso la mulattiera fino ove essa si congiungeva con la via di Varoncio. Al ponticello di Monte Lisicchi gli spararono alla nuca. Lo trascinarono aldilà della mulattiera lo lasciarono inginocchiato e appoggiato ad una pietra con la mano destra alzata. Al mattino presto, fu trovato da alcuni contadini che si recavano in campagna ancora in quell’atteggiamento; il sangue gli si era ghiacciato sul viso.

STIMARE IL NEMICO

L’ex segretario del Fascio (non repubblichino) Ugo De Rose – per il quale era stata decisa l’eliminazione – venne risparmiato grazie all’ opera di convinzione del capozona del P. C. Lucio Lena. Non poteva essere eliminato un uomo soltanto perché aveva creduto, in buona fede, ad un diverso, se pure criticabile, ideale politico. Tuttavia, De Rose nottetempo, mentre era sfollato a Guadagnolo con la propria famiglia in una casupola, venne prelevato da uomini armati. Ricorda la signora De Rose:

«Verso le 11 bussarono. Aprì mia madre e prelevarono mio marito, mentre i miei figli piangevano. Lo condussero giù per la scarpata che conduceva al santuario della Mentorella. Sapevo che era stata decisa la sua uccisione. Grazie a Dio, dopo un paio d’ore, mio marito ricomparve, non aveva subito violenze ma era molto provato. Dopo due giorni si presentò presso la casupola, ove stavamo sfollati, Bersini:

– Questa è la casa del segretario del fascio di Palestrina?

– Sì, è questa. Guardi come vive il segretario del Fascio.

Stavo cuocendo sulla brace l’ultima manciata del lievito rimastomi. Non avevo di che sfamare i miei figli e quella piccolissima focaccia l’avevo preparata per la minore delle mie figliole che piangeva perché aveva fame. Il capo partigiano restò impressionato e inaspettatamente ci fece portare un sacco di farina»

Prevalse quindi il buon senso e la vita di uno stimato funzionario (direttore dell’Ufficio delle imposte dirette) fu risparmiata grazie alla ferma volontà di chi, pur militando in parte avversa, non poteva avvallare un omicidio che non aveva nessuna motivazione se non quella dell’odio inconsulto.

CAOS TOTALE

«Ore 9:30. Mentre scrivo questo diario il tremendo rumore della mitraglia mi fa abbandonare. Mi rannicchio in un angoletto e aspetto la fine. Momenti terribili e indimenticabili. La mitraglia fischia con il rumore metallico, le bombe esplodono fortissime. Passata un po’ la paura, andiamo a fare un giretto. A Palestrina, regna il pieno caos: chi fugge da una parte, chi grida, chi si lamenta. Quante scene pietose! Giungiamo in piazza Santa Maria degli Angeli. Qui i primi morti distesi in un lago di sangue: righettino il calzolaio e Licurgo, il figlio di Urbano, giacciono crivellati a terra. La piazza è un crivello, è tutta un buco. Giunti davanti alla porta della Bottega di Minicuccetto, troviamo Giovanni lo zoppo che giace a terra con un visibile buco nella nuca. È una giornata infernale. Centinaia di apparecchi di ogni genere sorvolano Il cielo in ogni direzione. Ci dicono del bombardamento di Capranica dove si calcolano molti morti, fra cui sei di Palestrina».

A FUOCO, A FUOCO

“Questa notte verso le ore 3 hanno dato fuoco al Municipio di Palestrina. Per tutta la notte grandi fiammate e fumate si sono elevate ed il fuoco e’durato fino alla notte seguente. E’ andato tutto distrutto. E’rimasto solo lo scheletro delle mura. Chi sia stato l’autore? Tedeschi? bande RUsse? Palestrinesi? Non si sa di certo. ma con ogni probabilita sono stati i tedeschi che si trovano in ritirata.. invece si e’ risaputo che sono stati i ‘patrioti’ che si erano dati all a macchia. Verso le ore 15 mitragliamento e sgancio di vari spezzoni di Palestrina. Uno ha fatto crollalre la finta della chiesa di Santa Lucia.. “

IL COLPO DI STATO

“La sera mentre siamo a cena la radio annuncia che Sua Maesta il Re ha accettato le dimissioni da capo del Governo -Primo Ministro di Sua Eccellenza Mussolini incaricando della costituzione del nuovo governo S. E. il Maresciallo Badoglio. Nei giorni successivi dai giornali a cui e’concessa liberta di stampa fino a un certo punto si apprendono i particolaridel colpo di Stato. Seduta tempestosa del Gran Consiglio del fascismo, votazione contraria a Mussolini, sua andta a Villa Savoia, suo arresto, disordini e dimostrazioni a Roma e altri prti d’Italia ecc. ecc… Intanto si intensficano i bombardamenti delle plaghe visibili da Pleastrina. Ciampino, Ostia, Roma, Frascati. Esultanza anche a Palestrina degli elementi contrari al fascismo. Smarrimento degli aderenti al PNF (Partito Nazionale Fascista). Nessun incidente degno di nota, tranne discussioni e battibecchi. La vita continua senza avvenimenti degni di rilievo fino al 9 Settembre. All’annuncio dell’Armistizio molti esultano e pubblicamnete si compiacciono dell avvenimento. Nei giorni successivi si viene a sapere che Genazzano e’stato occupato dai tedeschi, gia ivi residenti ia S. Pio in numero di circa settanta… Colonne di autocarri con soldati tedeschi vogliono passare per la strada della Selciata (Stella) e dei Cori. Giunge una legione di auto blindate del secondo reggimento Bersaglieri che si piazzano al bivio di San Rocco. Conflitto con autocrri tedeschi. Due di questi vengono colpiti e quattro tedeschi vengono uccisi nel conflitto.. vengono seppelliti nella parte nuova del nostro cimitero..”

CREDEVAMO DI IMPAZZIRE

«Dalla sera del 1 giugno 1944, le cannonate, che nei passati giorni si erano sempre più avvicinate, in arrivo o in partenza, nella parte di Artena e di Valmontone, cominciarono a farsi sentire anche in contrada Palme. Aumentando sempre più l’angoscia per gli ultimi decisivi avvenimenti. A dir la verità, fino a quel giorno, noi eravamo lusingati che gli anglo-americani sarebbero andati a Roma, passando solo per la Via Casilina. I colpi su Colle Palme, ci avevano ormai tolto ogni filo di speranza. Ormai, noi stessi eravamo sul punto di non poter più uscire dalla nostra casetta, senza correre il serio pericolo di ricevere qualche colpo o scheggia di mitraglie. Per tutto il dopo pranzo del 1 giugno, fino a notte inoltrata, i colpi di cannone verso Valmontone, in direzione della Casilina, a Nord, come a Sud-Est, furono così continui e così assordanti che credevamo proprio di impazzire. Ci fu detto che la truppa degli anglo-americani, dopo essersi fermata una trentina di ore nel Colle Cipolletta, giunse a Palme e si accampò nelle vicinanze della chiesola della SS. Trinità, la notte tra il venerdl e sabato 3 Giugno».

CRIMINI MAROCCHINI

«La guerra era finita presso di noi. Cosi fu in realtà e tutti ne gioimmo, come naturale, dopo tante paure e sofferenze di ogni sorta. Senonché proprio il giorno appresso della venuta delle truppe Anglo-Americane, cioè il lunedì 5 giugno, si cominciarono a divulgare in paese e nella campagna certe voci (e le voci citavano fatti veri, concreti, indiscutibili) che non pochi soldati Marocchini e Neri, delle truppe anglo-americane, nonostante l’energico intervento dei comandanti, andavano facendo delle brutalità con quante ragazze e donne avessero incontrate. Fu panico generale specialmente per le ragazze, molte delle quali, poverette, dovettero star nascoste nelle soffitte, nelle grotte, in mezzo ai campi, tra i lupini e cespugli, tanto il giorno quanto la notte».

IL RANCIO – LE BOMBE

Il 17 Maggio 1944 a mezzogiorno in punto, si ebbe il secondo bombardamento su Cave; bombardamento scaricatosi, violentissimo, sopra la Villa Clementi, presso S. Carlo.
Era l’ora del rancio, e perciò tutti o quasi tutti i soldati, che erano accampati a Cave, vi si trovavano; dato che ivi era la cucina generale. Gli scoppi furono moltissimi ed efficacissimi. Le buche fatte dalle bombe sul terreno e sulle adiacenze della villa, mentre il palazzo fu toccato poco dalle bombe, erano profonde dai quattro ai cinque metri.. Nel momento di questo spaventoso bombardamento, un sergente Tedesco, di nome Paolo Leman, di passaggio presso i locali del Tiro a segno, vi si rifugio -tremava come una foglia, poverino. Subito dopo cessato il fragore delle bombe e degli apparecchi, scesi a bassissima quota, grida e urla strazianti si fecero sentire nei dintorni della villa fatale. La nostra casetta, per esser non lontana dalla villa, in breve ora si riempi di gente terrorizzata. Uomini, donne, fanciulli, bambini, in
preda alla piu grande commozione, vennnero a rifugiarsi da noi…
Demmo qualche parola di conforto; demmo qualche goccetto di vino per la paura.. .. venuta la sera, le grida strazianti dei parenti dei morti, duravano ancora nei pressi di Villa Clementi. Poi la notte, col suo manto funereo, copri ogni cosa, cessando ogni segno di vita, se vita poteva dirsi quella di quel giorni con tanti strazi e paure.