LIDIA

Lidia Ciccognani e il marito erano in contatto con il Comitato Liberazione CLN. Dopo l’arresto di Emilio D’Amico nel novembre del ’43 , Lidia ed Enrico lasciarono Genazzano per poi tornarvi a marzo del ’44. Ospitarono in casa il commando di paracadutisti, in tutto dieci uomini, con a capo Alfredo Michelagnoli, un ufficiale arruolato per organizzare servizi di collegamenti ed informazioni agli alleati. Tra le sue piu’ importanti operazioni ricordiamo l’individuazione del deposito di armi tedesco a Valmontone poi bombardato ed il dislocamento di prigionieri sovietici pronti a combattere con gli alleati, da Monterotondo nelle nostre zone. Dal libro “MISSIONE ANZIO” di MICHELAGNOLI

“Paliano è l’ultimo paesino della provincia di Frosinone: noi dobbiamo raggiungere Genazzano che è il primo paese della provincia di Roma, dove progetto di stabilire una delle nostre prime basi operative… Il mio recapito qui è nella casa di Lidia Ciccognani, una donna sicura e coraggiosa che ci è stata anche in seguito di inestimabile aiuto. Basti pensare che si è recata a Roma decine di volte con messaggi segreti facendosi trasportare perfino da automezzi tedeschi di passaggio, e sfidando ogni volta una morte sicura.”

PANE PER IL FRONTE

IL pane ha giocato un ruolo chiave nella guerra per Genazzano. La citta diventa dal 43 ‘il forno’ dei fronti di Anzio e Cassino. I tedeschi requisiscono molti forni e usano grano proveniente dalle coltivazioni della circostante Valle del Sacco. Non solo. La pineta di fronte al Castello viene utilizzata come riserva di legname per le cucine da campo e per i forni mobili “Weiss” della Bakeri-Kompanie che giunta a Genazzano nel novembre del 43 produceva pane per fronte di Cassino. I forni mobili erano custoditi nel castello ed interdetti alla popolazione. Il pane era depositato presso il Castello Colonna, intanto trasformato in sede del Comando tedesco.

SALVARE L’ARTE

 Nel convento di San Pio- gestito dai padri Agostiniani irlandesi, furono nascoste in gran segreto – per volere di Mussolini- varie opere d’arte provenienti da Palazzo Venezia da Galleria Borghese, e da Galleria Spada oltre che dalla Camera dei Fasci e dall’Archivio dell’Africa Italiana per preservarle dai possibili bombardamenti alleati su Roma. In parte trafugate dai tedeschi in ritirata nel 1944.

Se Viveva cosi…

Tra 8 Settembre 43 3 Novembre Tedeschi occupano Genazzano. “I Tedeschi a Genzzano saranno stati una trentina, ma non hanno avuto grossi problemi con la popolazione. Noi lavoramo per loro. A me quando me chiamavano, mandavo sempre qualcun altro al posto mio. Quelle colte che si sono andato o mi portavano a caricare le armi giu asi depositi .. altri lavoravano per caricare il pane sui camion per Cassino”

“Io con mio fratello abbiamo portato le munizioni al fronte di Cassino… eravamo OBBLIGATI. Il Comune ci mandava le lettere e ci trovavamo alla Puorta. I tedeschi ci portavano al deposito di Valmontone che era ttutto coperto de frasche. Li riempivamo i camion e riprativamo..

LA SPIA

Verso la fine del 1943, si presento nel convento un uomo di nazionalità non definita, che era disposto ad eseguire qualsiasi dipinto religioso in cambio di ospitalità. I frati gli commissionarono un Cristo in croce da eseguire sopra l’arco dell’altare. Eseguito il ponteggio il pittore incominciò il dipinto coprendolo sempre nel momento di riposo. Il 21 gennaio 1944, un giorno prima del bombardamento su Palestrina, il pittore abbandonò il convento facendo perdere le sue tracce. I frati preoccupati, ma anche insospettiti, per la prima volta entrarono della cella del pittore e trovarono una radio trasmittente e due canocchiali. Quest’uomo, dunque, era stato un informatore al servizio degli alleati e capirono che era stato lui a dare notizie sulla presenza dei soldati tedeschi in città. Ma la sorpresa fu ancora più grande quando i frati saliti sul ponteggio, tolsero il lenzuolo e trovarono un Cristo così brutto… ma così brutto che fu decisero di coprirlo con la tinteggiatuta.

MACERIE e PUZZO

Dopo il primo bombardamento ci rifugiammo per due notti nello scantinato dell’Istituto Bambin Gesù, con altri borghiciani e poi ci trasferimmo a Castel S. Pietro, dove si vedevano tutte le navi ancorate a Anzio. Ci spostammo ancora a Costa Mariola tra Castello e Capranica e dopo la notizia dell’eccidio degli Undici Martiri, ci trasferimmo ai prati di Guadagnolo. E proprio in questa località sapemmo che gli alleati erano arrivati a Palestrina. Il 5 giugno papà e mio fratello Eugenio partirono alla volta di Palestrina. Eugenio scrisse il diario dei tragici avvenimenti”… “Giunti alla Costa, vediamo Palestrina sotto di noi. E’ uno spettacolo incredibile: case distrutte dovunque si volga lo sguardo. Un colpo al cuore ci prende e si serra la gola. Scendiamo dalla strada del “barracone”. Giunto all’inizio del Borgo, il cuore mi si stringe, le lacrime improvvise e irrefrenabili mi salgono agli occhi… E’ la vista di ciò che rimane dei nostri palazzi. Ovunque macerie, morti, puzzo. Della nostra casa si vedono solo sassi e legnami, masserizie e una cascata di calcinacci che inizia dalla Cortina per ricoprire il Borgo e cadere nel cortile del Seminario.
Papà è distrutto dal dolore. Ha perduto tutto: case e familiari. Ma per darci coraggio ripete: “Dobbiamo ricostruire Palestrina e la ruota gira per noi”. Da buon imprenditore prende in appalto la rimozione delle macerie di corso Pierluigi, da vicolo del Giardino fino a via Leonardo Cecconi

IL CAPPELLANO

L’Ex-Tenente Cappellano dell’aereonautica Don Pasquale Buttarazzi, si era messo in contatto con vari gruppi locali di partigiani, tra cui il gruppo Bandiera Rossa. Tenuto d’occhio come possibile fiancheggiatore, venne sorpreso il 23 Ottobre 1943 nella sua canonica mentre di notte faceva dei segnali con una lanterna per il lancio di materiale per la resistenza locale. Venne seviziato dalle SS ormai sulle sue tracce – il suo contegno nelle torture fece imbestalire le SS che lo finirono a colpi di mitra sulla pubblica piazza e.. piantonarono i brandelli del suo corpo per tre giorni per avitare che gli venesse data sepoltutra dalla comunita locale…

La Banda Armata di San Vito

Nell’Ottobre del ’43 Zaccaria Rossi, Virgilio e Amedeo Quaresima e Francesco Gaetani danno vita ad una banda partigiana. IL 2 Novembre 1943 quattordici uomini di questa banda partirono (a piedi) alla volta del Monte Guadagnolo dove dalla stazione metreologica dell’Aereonautica sottraggono 17 moschetti, 3 casse di caricatori, una di medicinali a molte bombe a mano. Ancora furti di armi il 2 Dicembre insieme ai compagni di Genazzano – stavolta ai danni della Breda. E’ l’inizio della resistenza armata. Gia il 6 Dicembre 1943, elementi dello stesso gruppo, uccidono 2 tedeschi sorpresi a fare razzie presso famiglie di San Vito. Dopo aver aggregato un consistente numero di resistenti iniziano azioni di disturbo e sabotaggio con scontri armati. IL 7 febbraio 1944 spedizione al deposito armi di Valmontone che si conclude con furto circa 200 bombe anticarro a medicinali; 8 Marzo nuova incursione con asporto di munizioni e 500 bombe; il 20 Marzo sabotagio del comando tedesco di San Vito con sottrazzioen fili elettrici e apparecchi trasmittenti.. si prosegue cosi fino al 5 giugno con attacco contro le postazioni mitraglia nelle adiacenze del paese e liberazione 20 ostaggi tedeschi destinati alla fucilizaione. Moiranno nelle varie azioni 6 componenti della banda. IL capo della banda, Virgilio Quaresima, diverra’ il primo sindaco di San Vito alla fine del conflitto.

IL GIORNO DOPO

Dopo messaggio Badoglio dell’8 Setembre le forze tedesche, già dislocate nei punti strategici del territorio italiano, si prepararono ad occupare militarmente l’Italia centro-settentrionale, disarmando e catturando le truppe italiane prese alla sprovvista dall’annuncio radio.”Già il mattino del 9 settembre molti autocarri dell’esercito italiano erano guidati da soldati tedeschi, inoltre un piccolo numero di automezzi rimase abbandonato tra i Pizzi di San Giovanni e San Rocco. Nei bivi sopra ricordati avvenne anche un fatto d’armi di una certa importanza, fra militari tedeschi e una piccola unità di blindati del Secondo Reggimento Bersaglieri giunti dalla via Prenestina e comandati da un sottotenente. Questi due incroci stradali di Palestrina erano particolarmente importanti per le comunicazioni con il sud Italia. vennero presto presi dai Tedeschi.